Aladino Bartaloni era un giovane operaio della Fattoria di Coiano, vittima incolpevole di una guerra che non risparmiava nessuno. La sua vicenda si colloca nel contesto del conflitto avvenuto a Collepatti tra partigiani e tedeschi il 24 giugno 1944 (vedi relativa scheda di approfondimento), dove morirono il partigiano Mario Bustichini e Hanno Schimanski (un milite del 312° battaglione di artiglieria contraerea della Wermacht).
In seguito a quello scontro, i tedeschi effettuarono infatti delle operazioni di rastrellamento dell’intera area, allo scopo di individuare i partigiani. Proprio mentre stavano pellustrando il territorio, Aladino Bartaloni stava camminando lungo un sentiero in direzione di Rubbiano, dove desiderava raggiungere la sua famiglia. Durante il tragitto, incontrò prima Silvano Assunti, un partigiano della Brigata “Antonio Gramsci” di Castelfiorentino, e successivamente il parroco di Coiano, Don Demetrio Fioravanti. che lo esortò a non proseguire e a tornare indietro, essendo a conoscenza del fatto che i tedeschi stavano pattugliando la zona alla ricerca dei partigiani. Incurante dei consigli del Parroco, Aladino Bartaloni rispose che anche lui portava una pistola e che pertanto non aveva paura.
Questa la preziosa testimonianza del parroco, raccolta da uno studioso pochi anni fa:
“Ero davanti alla mia chiesa di Coiano quando udii numerosi colpi d'arma da fuoco provenire dalla parte di Broccolino. Immaginai subito che la' doveva essere successo qualcosa di grave. Piu' tardi vidi passare Aladino. Mi ricordo che aveva con se' una sporta e ai piedi calzava i sandali detti "alla fratina". Gli domandai dove fosse diretto e lui mi rispose che stava andando a casa per vedere la mamma; al che aggiunsi che ella era a segare il grano presso la famiglia Santoni e proprio da quelle parti i tedeschi avevano sparato tanto con le loro mitraglie. Percio' gli ripetei piu' volte di non muoversi e di aspettare. Il ragazzo sembrava non aver paura e tra l'altro mi disse: “sa' sono armato anch'io”. A quest'ultima affermazione ribattei supplicandolo di gettare via l'arma , poiche' sarebbe stato molto pericoloso se fosse caduto in mano ai tedeschi con quella addosso. Ma egli non intese ragioni e nonostante i miei consigli prese la via per Rubbiano. Qualche ora dopo venni a sapere che i tedeschi lo avevano catturato in una localita' chiamata "le Valli" in prossimita' del bosco e subito portato al comando che si trovava nella villa dei marchesi Pucci di Granaiolo . Questo lo appresi dal guardiacaccia Betti detto Crispino , il quale mi accompagno' subito dalla marchesa. La signora che parlava molto bene il tedesco mi presento' ad alcuni soldati. Domandai loro di poter vedere Aladino e costoro in malo modo mi risposero subito di no, aggiungendo: “E' un partigiano”. Fui allora accompagnato dal comandante. Anche a lui chiesi un breve incontro con il prigioniero e gli spiegai che il ragazzo non era un ribelle, non era nemmeno di questi luoghi e comunque con la morte del soldato non aveva nulla a che fare. L'ufficiale assai seccato rifiuto' la mia richiesta e mi fece capire che lo avrebbero impiccato. Concluse il breve dialogo con una frase che non lasciava spazio a speranza alcuna; ci informo' che il loro comando di Firenze aveva ordinato la morte di almeno due responsabili. Insistei ancora per poterlo almeno vedere, ma la signora marchesa mi avverti' di stare molto attento perche' li dentro gia' cominciavano a sospettare che io fossi un prete dei partigiani. Nel corso di queste dure e pericolose discussioni udii bene, anche se pareva lontana, la voce del giovane invocare il nome della madre: forse lo stavano interrogando. Sono certo che egli abbia ricevuto molte violenze”.
Ogni tentativo da parte del Parroco di Coiano fu inutile. Il 27 giugno 1944 Aladino Bartaloni fu impiccato al passaggio a livello di Granaiolo.
“Avevo otto anni – ha raccontato Maresco Martini – ed ho vissuto assieme a tutto il paese (si riferisce alla frazione collinare di Castelnuovo d’Elsa ndr) le paure, il dramma di quei giorni: vedere un innocente impiccato, penzolare già alle sbarre di Granaiolo, mi ha sconvolto. Allora non c’era niente per i bambini, si girava per le strade, i nostri genitori avevano da fare in quel tempo: procurarci il cibo e nascondersi dalla guerra e da dietro la Cappella (la cappella dei caduti di Castelnuovo ndr) ho visto l’impiccato. Ho sentito tanti discorsi, tante paure di quei giorni, ma quel puntino bianco che la tramontana muoveva laggiù mi è rimasto stampato in testa”
fonti: Nino Bini, Il Valdarno inferiore nel 1944, Samus, 2013: Maresco Martini, Il mondo perduto. La mia vita in una famiglia mezzadrile dagli anni Trenta al “miracolo economico”, Castelfiorentino Tecnostampa 2021